Se amate i podcast non potete perderlo, se non li amate, fate un piccolo sforzo e dopo qualche minuto d’ascolto ve ne innamorerete. Pablo Trincia è molto più di un giornalista d’inchiesta, come lo dipingono in tanti, andate su Wikipedia e scopritene la biografia, ma il suo “Il dito di Dio“, 9 puntate prodotte da Spotify e Chora Media, sul naufragio della Costa Concordia è tra gli audio racconti più intensi e meglio costruiti che io ricordi.
Di quel naufragio del 2011 ho memoria solo dei titoli dei telegiornali e dell’eco internazionale, ricordo il nome del comandante Schettino, dell’inchino, della ragazza moldava sul ponte di comando e del tragico computo dei 32 morti. Di fronte a questi fatti di cronaca, se posso, rifuggo dai dettagli, dal rumore mediatico e dai social pieni di selfie fatti sulla scogliera con il relitto della nave alle spalle. Ho sempre la sensazione che a quella tragedia, si sommi subito quella del suo racconto intestinale e che le vite spezzate vengano spezzate di nuovo.
Dieci anni dopo, anche a seguito della pubblicazione di “Romanzo di un naufragio. Costa Concordia: una storia vera“, uscito per Mondadori due settimane fa, Pablo Trincia mi ha portato per mano a conoscere i protagonisti, le storie personali, gli intrecci umani, gli errori marchiani, tutto ciò che ha contribuito a far sbattere contro gli scogli dell’isola del Giglio la più grande nave passeggeri mai varata in Italia. Il nostro Titanic.
Chi come me ricorda gli sceneggiati radiofonici o la cronaca narrata da giornalisti del calibro di Sergio Zavoli, Enzo Biagi, Indro Montanelli, non può che ringraziare Pablo Trincia per il meticoloso lavoro svolto e Chora Media per una produzione e post produzione di altissimo livello.
Restituire all’ascoltatore una storia così grande e drammatica senza vellicare mai la sete di sangue è forse uno dei meriti più grandi di questo podcast. C’è tenerezza, commozione, equilibrio, dettaglio tecnico, dettaglio giuridico. Ci sono, soprattutto, le voci di coloro che hanno vissuto quella notte e le sue conseguenze nel tempo, voci raccolte dallo stesso Trincia con una delicatezza che ormai è quasi una rarità tra gli operatori della comunicazione.
“Il dito di Dio“, sia detto per inciso, è quella leggera corrente marina, quel vento inaspettato, raro a gennaio, la cui presenza, quella notte, ha permesso alla Costa Concordia, priva di tutti i suoi motori e sempre più carica d’acqua, di arenarsi e non andare alla deriva, al largo del Giglio e di affondare con tutti suoi passeggeri.