In molti mi hanno chiesto cosa ne penso dell’avvento di Bookdealer, se in qualche modo mi sento defraudato di un’idea, se ritengo di doverla in qualche modo difendere. La risposta è semplice ed è: NO. Vi spiego il perché.
Il BookPostino è nato per gioco, nell’estate del 2016, ma ha cambiato pelle già tre volte. All’inizio il BookPostino era un lettore (il sottoscritto), che consigliava libri attraverso la propria pagina Facebook. Consigliavo solo libri “made in Turin“. Editori indipendenti nati sotto la Mole, con scrittori, spesso esordienti, anch’essi torinesi doc. C’era un plus. Se il libro che recensivo stuzzicava l’interesse di qualche mio contatto Facebook, andavo dall’editore, prendevo una copia del libro, poi rintracciavo l’autore, gliela facevo autografare e infine consegnavo il libro al lettore a casa e in bicicletta.
Era estate, Torino era deserta, la mia storia lavorativa languiva. C’era spazio e tempo per inventarsi qualcosa.
I torinesi rimasti in città hanno risposto con entusiasmo. I giornali, che d’estate non sanno come riempire gli spazi lasciati vuoti dalla politica e dall’ economia, sono sempre a caccia di storie da raccontare. Hanno scoperto in rete (grazie alla corrispondente di AskaNews Sabina Prestipino) la strana vicenda dell’uomo che consegna libri in bicicletta e così è nato Il “fenomeno” del BookPostino, che poi qualche giornalista ha definito “l’Amazon dal volto umano.“
Colto da un raptus di onnipotenza, con il sostegno morale di una casa editrice piccola e tosta (Autori Riuniti) mi sono forse montato un po’ la testa. Ho deciso di iscrivermi alla Camera di Commercio e di diventare un libraio senza libreria, armato di sola bicicletta. I social erano la mia unica vetrina, facevo delle video recensioni e poi se qualcuno tra i miei contatti voleva un libro, andavo dal distributore e infine consegnavo. Quasi sempre in bici.
Lavoravo sul venduto, senza magazzino, negozio, struttura. Il mio motto era “Se il lettore non va il libreria, il libraio va dal lettore“.
Molti librai indipendenti, lo si è intuito abbastanza rapidamente, giudicavano l’esperienza del Bookpostino velleitaria, dilettantesca e, sostanzialmente, naïf. Questo scopiazzare un po’ Amazon e un po’ Glovo, questo lasciar ulteriore spazio al digitale imperante, per di più attraverso i social, che sono più spesso cloaca che Eden, faceva storcere il naso ai più.
Le critiche avevano un fondamento: non c’era sostenibilità economica in quell’idea. Avevo sbagliato i tempi e i calcoli. La libreria in bicicletta chiuse i battenti dopo appena un anno di vita. Il sogno è stato riposto nel cassetto e ho affidato il futuro del BookPostino ad una associazione culturale che si prefigge la diffusione della lettura con piccoli eventi. Stop.
Poi è arrivato il Covid, il lockdown, le chiusure forzate delle città e il cambio radicale dei ritmi della vita di ciascuno. E anche le librerie indipendenti, come i ristoratori e mille altri esercizi commerciali, hanno scoperto il lato umano e utile del digitale.
Bookdealer ne è la plastica e ben riuscita dimostrazione. Un giovane e capace libraio torinese, a fronte della fine forzata di una modalità di fare business, inforca la bici ed esce dal negozio. Insieme ad altri mette in piedi addirittura una piattaforma web e così le librerie indipendenti ora possono fare ciò che pensavano impensabile (e in fondo, anche sbagliato) solo fino a solo un anno fa. Se il lettore non può venire in libreria, sarà il libraio ad andare da lui.
Bravo è stato Mattia Garavaglia, il libraio in bicicletta, che a 27 anni ha saputo cogliere l’attimo, trovare nel buio l’interruttore della luce. Ha gettato il cuore oltre l’ostacolo e trasformato lo spauracchio digitale in strumento di diffusione culturale.
La cultura, noi lo sappiamo già dal 2016, pedala.
Sante Altizio