Andrea Camilleri ha aperto una strada e molti provano a percorrerla. La letteratura gialla made in Italy, grazie soprattuto allo scrittore siciliano, da un po’ di anni a questa parte è in grande spolvero.
Tra i discepoli del Maestro, secondo me, c’è un outsider, un underdog, quello che non ti aspetti e che invece vince all’ultima curva, che vi invito a scoprire: Michele Paolino.
Classe 1966, i suoi genitori sono arrivati all’ombra della Mole (e di “mamma Fiat“) direttamente da Rionero in Vulture, 12 mila abitanti, Basilicata. Michele è nato e cresciuto in uno dei quartieri della città che meglio raccontano un secolo abbondante di storia migratoria subalpina: Borgo San Paolo (che di abitanti ne fa quasi 40 mila).
Diventare giallisti a cinquant’anni suonati, riuscendo nell’impresa, non e da tutti. Significa che hai talento da vendere (Camilleri, per la cronaca, è nato nel 1925, ed ha pubblicato per la prima volta nel 1978).
Due anni fa Michele Paolino aveva già esordito con “La ballata di Borgo San Paolo” pubblicato con le Edizioni del Capricorno, ma il salto vero e proprio è arrivato con “Hanno ucciso Babbo Natale a Borgo San Paolo“, appena arrivato in libreria. Stesso editore.
Me lo sono divorato. La bontà di un giallo si misura nel suo tempo di lettura, nella capacità che ha di spingerti alla pagina successiva, costringendoti a non andare a dormire. Ebbene, quelle poco meno di duecento pagine le ho trangugiate in poche ore. Con grande soddisfazione.
Il giallo in sè ha un plot semplicissimo: c’è un omicidio, si deve trovare l’assassino,e l’assassino puntualmente si trova. Ciò che rende un giallo diverso dagli altri è, a mio parere, il contesto che si crea attorno alla storia, e Michele Paolino è stato bravissimo nel renderlo vero. Il contesto scelto è il “suo” borgo: Borgo San Paolo.
Le storie di Paolino, che quel borgo lo conosce palmo a palmo per esserci non solo nato e cresciuto, ma per averlo addirittura amministrato in qualità di Presidente di Circoscrizione, si sviluppano e si concludono all’interno dei confini del quartiere. Non solo: tutti i personaggi che incontriamo, capitolo dopo capitolo, sono reali.
Cambiano i nomi, certo, ma se dopo avere letto i libri di Michele Paolino vi fate un giro tra via Di Nanni, piazza Robiland, il tratto finale di corso Rosselli e i banchi del mercato di corso Racconigi, quei personaggi li riconoscete tutti. Uno a uno.
C’è il commissario Caruso, gli ispettori Izzo e Marcari, e ci sono i Quattro più Uno (i veri protagonisti della storia). Cinque attempati ex ragazzi di quartiere che giocano a fare gli investigatori e che si ritrovano tutti i santi giorni, alla stessa ora, al bar vicino alla parrocchia di San Bernardino.
“Hanno ucciso Babbo Natale in Borgo San Paolo” però è anche una specie di guida turistica tascabile alla scoperta delle tante vite del quartiere. C’è la storia, l’architettura, l’aneddotica, il ricordo personale. E poi, buon ultimo, c’è la musica, l’altra grande passione di Michele Paolino. Ogni capitolo ha una citazione musicale (non casuale, ovviamente) e poi tanti riferimenti al repertorio dei cantautori italiani degli Anni Settanta e Ottanta, che i lettori più attenti riconosceranno al volo.
Di fatto si tratta di gialli “corali” che a tratti si trasformano quasi in manifesti generazionali, e per coloro che sono nati nella seconda metà degli Anni Sessanta, magari a Torino, sarà davvero un divertente salto all’indietro nel tempo.