Recensione di Marina Asperti
Un altro bellissimo libro che ho appena finito di leggere è “La madonna col cappotto di pelliccia” di Sabahattin Ali, edito da Scritturapura.
E’ stato pubblicato per la prima volta nel 1943; ambientato tra la Turchia e la Germania nei primi anni successivi alla Prima Guerra Mondiale. Sentimenti e sensazioni senza tempo sono descritte con grande sapienza: il senso di inutilità che si prova quando si pensa di non interessare a nessuno, di essere invisibili e trasparenti, di pensare che non valga nemmeno la pena di stare al modo in quanto incapaci di amare.
La trama: durante la visita ad una mostra il protagonista nota il dipinto di una donna il cui volto racchiude in sè tutte le immagini di tutte le donne da lui vagheggiate e ne rimane incantato. Torna più volte per contemplare fin nei minimi dettagli il ritratto. Ne è ossessionato a tal punto che comincia a sognare di poter conoscere davvero quella “madonna col cappotto di pelliccia” e si rende conto di provare emozioni che non aveva mai provato prima. La storia diventa tenerissima e tormentata, svelare altro qui e ora sarebbe forse troppo.
La lettura di questo libro mi ha offerto anche uno spunto per riflettere su un paese, la Turchia, membro nella Nato, che richiede da tempo (senza successo) di entrare a far parte dell’Unione Europea, e di quanto lontano questo Paese ancora sia dal garantire i minimi diritti umani, involvendosi ed imbarbarendosi sempre di più da quando al governo c’è il partito conservatore di destra AKP ( Partito della Giustizia e dello Sviluppo).
Qualche settimana addietro il presidente Erdogan ha deciso di ritirare la Turchia dalla “Convenzione contro la violenza sulle donne” approvata proprio a Istanbul nel 2011. I reati previsti dalla Convenzione contemplano la violenza psicologica, gli atti persecutori (stalking), la violenza fisica, la violenza sessuale, il matrimonio forzato, le mutilazioni genitali femminili, l’aborto forzato e la sterilizzazione forzata, le molestie sessuali, i crimini commessi in nome del cosiddetto “onore”. Le donne, con coraggio, sono scese in piazza e hanno manifestato tutta la loro rabbia contro un paese che, seppur facente parte della Nato, diventa ogni giorno più isolato.
Da anni si assiste alla sistematica violazione dei diritti umani anche con la persecuzione della minoranza curda composta da oltre 20 milioni di persone. Sindacalisti, giornalisti, avvocati, professori e magistrati sono stati rimossi dai loro incarichi accusati di reato di terrorismo.
Dal 2016, complice il vergognoso accordo con la UE che ha versato alla Turchia 6 milioni di euro, vengono bloccati in qualunque modo i flussi migratori, così facendo migliaia di persone in fuga da guerra e sofferenze sono abbandonate a se stesse.
E’ notizia di poco giorni fa lo sgarbo istituzionale alla presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen, riporto da “Il sole 24 ore”:“Protocollo violato per scelta consapevole e sessista o gaffe? Tutto sembra pendere per la prima ipotesi: dalla fama del presidente turco Recep Tayyip Erdogan, non certo molto positiva per quanto riguarda la parità di genere (e, allargando, i diritti umani), all’importanza dell’incontro, uno di quelli dove non è assolutamente possibile sgarrare.”
La conclusione, forse troppo semplice e lineare, ma l’unica che nel mio piccolo sono in grado di elaborare e che mi è stata suggerita con forza dal libro di Sabahattin Alì è: leggete e promuovete gli scrittori, i poeti e gli artisti turchi, solo la bellezza e la cultura potranno salvarci dalla barbarie.