Marina è membro del direttivo dell’associazione. Quella che segue è la sua recensione di un libro al quale è legata da tempo e che ancora oggi ha “cose da dire”. A lei, ma a tutti noi.
C’è un romanzo, che avevo già letto anni fa, che ho perso in non so quale trasloco, che ho recuperato e che mi riporta al passato, legandomi ad esso con molti fili di memoria. E lo fa in modo struggente: con il suolo della verde Irlanda che ho visitato l’anno in cui il mio matrimonio è naufragato, con Kilty, nome di uno dei protagonisti del romanzo. che è diventato il nome del gatto che avevo trent’anni fa, con gli amati U2 e la loro inconfondibile Sunday Bloody Sunday a ricordare il dramma infinito della guerra tra cattolici e protestanti.
Il romanzo è Trinità di Leon Uris ed è particolare il fatto che il libro, uscito in Italia nel 1997, sia introvabile, fuori catalogo, assente dagli scaffali delle librerie. Avevo voglia di recuperare la memoria di quella lettura che tanto mi aveva affasciato. Ho dovuto comprarlo usato su Amazon.
Non mette tristezza? È come se quel libro fosse stato dichiarato “morto”. Nessuno lo ha voluto ristampare. Eppure è stato uno dei più grandi successi dello scrittore statunitense; tra l’altro Uris è morto nel 2003.
Sullo sfondo di Trinità c’è la storia del popolo irlandese che è bella e tragica. I nativi irlandesi, prima celti e poi cristiani fin IV secolo d.C., sono stati, alla fine, schiacciati, perseguitati, ridotti alla fame, privati delle loro terre con l’arrivo dei protestanti inglesi. Questi imposero, a fil di spada, lo le loro leggi, la loro lingua e la loro cultura.
Gli effetti arrivano fino a noi. Ancora oggi vi sono, soprattutto nell’Ulster, quartieri cattolici e quartieri protestanti e temo che il fuoco dell’intolleranza continui a covare sotto la cenere. Quante guerre si combatteranno ancora in nome del “Padre, del Figlio e dello Spirito Santo“?
Per questo credo che non abbia senso che Trinità rimanga un libro morto, introvabile, negletto.
Qualche cenno sulla trama: siamo nella seconda metà del 1800, nell’Ulster, dalle parti di Londonderry. Ci sono gli “shanachie”, i cantastorie, c’è l’odioso prete cattolico sempre pronto a castigare anche i pensieri, ci sono i contadini poveri fino allo stremo e c’è la seconda rivoluzione industriale che li ha strappati alla terra, facendo crescere grandi sobborghi a ridosso delle città. Ghetti malsani e malfamati al limite della vivibilità.
Si intrecciano le vite di tre famiglie, due cattoliche e una protestante, che si muovono negli anni che porteranno, qualche decennio dopo, l’Irlanda ad avere un proprio governo repubblicano, ma a lasciare l’Ulster alla Corona inglese.
Leggere, o meglio, rileggere, Trinità mi ha aiutata a capire, facendo le debite proporzioni, che senza la Storia passata, non è possibile leggere e cercare di comprendere il presente. E le puerili richieste di libertà da una immaginifica “dittatura sanitaria”, che sentiamo proprio in questi giorni, stridono fortemente se messe accanto a chi davvero ha lottato per il proprio diritto di vivere da cittadino libero.
Marina Asperti